La statua di San Bartolomeo, un'identità confermata
Mario Trebeschi
È la statua di San Bartolomeo o di un altro santo quella recentemente restaurata, posta a mezza altezza del campanile di Carpenedolo? E’ sorto qualche dubbio, in occasione del restauro. Un atto notarile, del 14 marzo 1746, ritrovato da chi scrive, 22 anni fa, ma dallo stesso dimenticato, anche se già in sintesi pubblicato, ora in qualche modo riesumato e qui riproposto, ritorna utile per togliere tutti i dubbi, o meglio per confermare quanto già si sapeva.
Giova richiamare, prima, qualche nota storica, come quadro di riferimento.
La “torre nuova”, come la chiamarono allora i Carpenedolesi, fu costruita poiché il precedente campanile, situato accanto alla chiesa parrocchiale vecchia (la nuova era iniziata dall’1 aprile 1693, ore due pomeridiane, data della posa della prima pietra), essendo diventato pericolante, era stato demolito nel 1720.
Il 2 gennaio 1726 i sacerdoti Giorgio Corradini e Andrea Boselli, come “eletti della spettabile comunità [il Comune] per la fabrica di una Nova Torre, che doverà fabricarsi ad uso del popolo”, acquistarono una casa con la spesa di lire 850 planete, da Carlo e Giacomo Carlotti fratelli e Stefano Scovoli, in contrada della Parrocchiale, poco distante dalla stessa, confinante a mattina, mezzodì e sera con la strada e a monte con la proprietà di certo Antonio Fontana, sulla cui area doveva innalzarsi il campanile (notaio Giovanni Battista Tessadri).
L’opera, del monaco lonatese, architetto, Paolo Soratini (1680-1764), cominciò a sorgere, ricevendo il plauso di tutta la popolazione, che per parecchi anni successivi, in vario modo, contribuì alla spesa con elemosine, offerta di calce e mattoni, vendita di grano e altri prodotti agricoli, di indumenti confezionati e di lino filato dalle donne nelle stalle, durante l’inverno, da vendere nella non lontana Salò, città rinomata per questo prodotto.