Nel 1750 la comunità di Carpenedolo, in segno di devozione alla Immacolata Concezione, inizia la costruzione di un nuovo santuario dove sorgeva il monastero di S. Pietro in Monte. Di datazione antichissima, quest’ultimo, sembra abbia avuto origine vescovile: secondo la tradizione si narra infatti che qui si ritirò a vivere, e fu sepolto, il vescovo Silvino, morto intorno alla metà del V secolo e in seguito santificato.
Nel XV secolo Giacomo Malvezzi scrisse che l’edificio era stato ristrutturato da re Desiderio in età Longobarda, mentre in un altro documento e' testimoniato il rinnovamento della chiesa all’inizio del XIII secolo.
Un tempo su quest’area sorgeva anche il Castello di Carpenedolo: di probabile fondazione longobarda, aveva annessa una cappella. Il complesso fortificato fu distrutto nel 1413 insieme al paese: tra le rovine rimase però viva la devozione per quel piccolo santuario, rappresentato in un affresco quattrocentesco poi murato nell’abside della nuova chiesa. La costruzione del santuario settecentesco fu possibile grazie alle elemosine raccolte tra i fedeli di Carpenedolo, tanto generose che solo dieci anni dopo l’inizio dei lavori fu possibile celebrare la prima messa nel nuovo edificio e che nel 1766 ci fu l’ultima richiesta di fondi "onde perfezionare la detta fabbrica".
Purtroppo nelle cronache dell’epoca non è mai citato il progettista dell’edificio: quasi concordemente però la critica crede di poterlo individuare in Giovan Battista Marchetti, noto architetto del secolo che lavorò sia a Brescia che in provincia.
Ultimamente però si è fatta avanti un’altra ipotesi attributiva. Nel santuario si trova la tomba di quel Girolamo Callegari che nelle cronache della fabbrica è citato come "presidente dei lavori", ma in cui possiamo identificare il progettista dell’edificio se riteniamo attendibile storicamente la frase scolpita sulla lapide ottocentesca che decora la sepoltura"... leronimi Callegari, huius templi praefecti ...".
La pianta della basilica si sviluppa sulla base di due croci allineate, delle quali la maggiore si trova verso est. Nel centro quattro gruppi di semicolonne reggono gli archi, sui quali poggia il tiburio poligonale con le finestre munite di timpano, tipicamente marchettiano, che proiettano luce all’interno, in ogni senso per tutto l’arco del sole. Nel presbiterio lo spazio si restringe per riprendere maggiore capienza verso il coro. L’imponente scala d’accesso al santuario è posteriore rispetto al resto della costruzione: risale infatti al 1779 e sostituisce il ponte elevatoio e la porta del Castello